via Cristoforo Colombo - via Palos |
Da qualche anno a Roma, si è aggiunto al preesistente fenomeno dei campi nomadi, (pochi e concentrati) tutta una teoria di piccoli accampamenti spontanei, questi accampamenti che nella migliore delle ipotesi ospitano persone che lavorano e che non hanno un posto dove dormire, nella peggiore è fatto di disperati che vivono gli orrori delle peggiori favelas del terzo mondo.
Ovviamente questi insediamenti rappresentano sempre occasioni di distruzione di tratti di bosco o comunque di verde pubblico, sia nella fase di occupazione e di residenza (in alcuni casi si creano delle discariche potenzialmente nocive oltre che degradanti) sia nella fase di sgombero.
Perchè ora la forza pubblica quando interviene distrugge completamente i luoghi, a causa dell'intervento delle ruspe che rimuovono il grosso e la vegetazione, ma lasciano un tappeto di rifiuti che affonda nel terreno, creando la desertificazione del sito.
Un esempio è la massicciata ferroviaria del tratto iniziale di via Cilicia (tra via Cristoforo Colombo e Via Latina) li hanno lasciato per mesi abbandonata la vegetazione, canne ed alberi, non effettuando la minima potatura, tanto che dovevano occuparsene i ciclisti che utilizzano il marciapiedi (che interseca la ciclabile Colombio) come salvavita, e favorendo l'insediamento di alcune famiglie di stranieri che avevano creato un piccolo accampamento invisibile dalla strada. Persone schive (credo dell'est europeo) che incontravo la sera tornando dal lavoro, nulla a che vedere con i profughi afgani accampati al lato della pista ciclabile, che hanno ridotto il boschetto ad una discarica. Uno degli abitanti delle baracche lasciava una bici legata al guard-rail di via cilicia.
Poi sono intervente le forze dell'ordine ed hanno allontanato quelle persone dalla massicciata, abbattendo le loro baracche, ma intervenendo probabilmente con i bulldozer hanno eliminato gran parte della vegetazione, canne ed arbusti, e sparso sul suolo una quantità impressionante di detriti.
Mi ha ricordato la descrizione della rasa al suolo di Cartagine.
Se questi interventi fossero risolutivi, ossia togli le persone abusive, le porti in una struttura che possa accoglierle, e ripristini l'area allora tutto ok. Ma se scacci le persone, che si accamperanno ad un km da li, distruggi la vegetazione, lasci uno strato di detriti al suolo, che senso ha ?
E la stessa cosa stà accadendo in tutta Roma, a Tor Carbone per esempio, dove c'e' un'area che periodicamente è discarica, campo abusivo, discarica ecc. senza soluzione di continuità e con l'area di degrado che si amplia sempre più.
Addirittura passando sulla Tangenziale all'altezza del Ponte di Tor di Quinto si vede che il campo nomadi ha una discarica che dal piano scende fino al Tevere, dove rotolano giù buste di plastica e chissà quali altri rifiuti che poi si possono vedere appesi ai rami ed alla vegetazione del lungotevere all'altezza di Castel Sant'Angelo.
E chissà cosa succede nelle aree oltre il raccordo, nelle stradine di campagna che una volta erano il paradiso dei ciclosportivi della domenica.
Quando e come recupereremo tutto questo territorio e questo verde che sparisce ?
Certamente occorre trovare una soluzione umanitaria, una soluzione di sostenibilità dell'immigrazione, ed un intervento che non sia solo di facciata che sposta il problema 500 metri più avanti, oltretutto costringendo questa gente a ricuperare tutto ciò che ogni volta gli viene distrutto dallo sgombero, producendo ulteriori discariche, altrimenti si rischia di ridurre città e provincia in un deserto.
Se ne è accorta pure la Repubblica, quindi ho messo il link nel post.
RispondiEliminahttp://roma.repubblica.it/cronaca/2011/01/29/news/hhhhh_jjjjj-11818548/